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CARCERI: 1 LITRO D’ACQUA IN BOTTIGLIA A DETENUTI SASSARI-BANCALI

4 ottobre 2016 Nessun Commento

“I lavori per la nuova rete idrica che collega Sassari alla frazione di Bancali, in cui è ubicata la Casa Circondariale, non garantiscono ai cittadini privati della libertà la fruizione costante dell’acqua potabile costringendo la Direzione a distribuirne quotidianamente una bottiglia da un litro. Un disagio che rende la vita all’interno della struttura detentiva particolarmente difficile”. Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, che ha accolto la segnalazione di alcuni familiari di detenuti e di Alessio Attanasio ristretto in regime di 41bis.

“E’ evidente che il disservizio è determinato dai lavori per rendere più efficiente la rete idrica della città di Sassari, ma le restrizioni sull’uso dell’acqua potabile all’interno delle celle, protratto nel tempo, determinano – sottolinea Caligaris – una condizione di oggettiva difficoltà soprattutto per coloro che non dispongono di mezzi sufficienti per accedere agli acquisti del sopravvitto. C’è infine da domandarsi se un litro d’acqua a testa al giorno sia adeguato a soddisfare le esigenze di idratazione dell’organismo”.

“La realtà della Casa Circondariale di Sassari-Bancali – ricorda la presidente di SDR – è particolarmente complessa anche per la tipologia di reclusi. E’ l’unica struttura nell’isola in cui sono ristretti 90 detenuti in regime di massima sicurezza affidati al personale del Gruppo Operativo Mobile. Attualmente nella struttura vi sono 434 ristretti, con diverse patologie, affidati a 322 agenti di Polizia Penitenziaria (anziché 392 – secondo i dati del Ministero)”.

“Le condizioni di vita all’interno di una struttura chiusa richiedono una specifica attenzione da parte del Dipartimento e del Provveditorato Regionale e impongono la necessità di dotare ciascun detenuto di almeno due litri d’acqua da bere per le necessità individuali evitando così situazioni che possono indurre a considerare la possibilità di proteste collettive o, come nel caso del boss siracusano Alessio Attanasio, di ricorrere a denunce alla Procura, al Magistrato di Sorveglianza, al Garante dei Detenuti e al PRAP. Scontare una detenzione, seppure in un regime duro – conclude Caligaris – non significa farsi carico di pene aggiuntive”.

Cagliari, 4 ottobre 2016

 

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