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CARCERI: IN CELLA ALLETTATA NONNINA 83 ANNI A CAGLIARI-UTA

2 agosto 2016 Nessun Commento

“E’ allettata e giace immobile per una semiparesi e con piaghe da decubito in una cella della Casa Circondariale di Cagliari-Uta Stefanina Malu, 83 anni, tornata dietro le sbarre ieri mattina, dopo un lungo ricovero ospedaliero dapprima in due nosocomi pubblici e ultimamente in una Clinica privata. Inspiegabili le sue dimissioni dalla Casa di Cura. Le sue condizioni destano viva preoccupazione giacché nella sezione femminile del carcere non ci sono stabilmente né un medico né un’infermiera. Una donna  in queste condizioni non può stare in una cella, ha bisogno di essere accudita costantemente. In questo stato di semi incoscienza non bastano le amorevoli attenzioni di Agenti sensibili e preparate o della compagna di cella. E’ inammissibile. Occorre un intervento urgente del Magistrato di Sorveglianza in attesa dell’esito del Tribunale in programma il 18 agosto”. Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, che ha appreso del ritorno dietro le sbarre dell’anziana donna dalla figlia Angela Floris.

“Stefanina Malu – ha sottolineato la figlia – non è più la stessa. Non è autosufficiente e in ospedale, dopo l’ictus, mi occupavo quotidianamente di nutrirla. Adesso sono davvero disperata anche perché non capisco il motivo per cui sia stata riportata in una cella dal momento che ha solo bisogno di cure e attenzioni. Mia madre è anziana, potrebbe vivere nella mia casa. Concederle i domiciliari è un atto umanitario, nel frattempo però è indispensabile riportarla in un ospedale, anche perché i familiari possano vederla e accudirla”.

“La permanenza dell’anziana donna in carcere – sottolinea Caligaris – crea non pochi problemi nonostante le infermiere e le operatrici socio sanitarie in turno intervengano per accudirla. Per lei è stato necessario trasportare un letto ospedaliero dal Centro Clinico. Quasi impossibile poter garantire i colloqui ai familiari in quanto la donna non può lasciare il letto. Appare molto difficile che possa costituire un pericolo sociale, anche se la sua storia passata ne ha delineato una fisionomia tutt’altro che benevola. A questo punto la situazione rischia solo di degenerare – conclude la presidente di SDR – e gestirla in un carcere è un segnale di grande debolezza da parte delle Istituzioni”.

 

Cagliari, 2 agosto 2016

 

 

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