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“SENSI RISTRETTI”: L’ASFISSIA DELL’ANIMA un contributo di Maurizio Ciotola

16 novembre 2015 Nessun Commento

Sensi ristretti, un titolo in cui è racchiuso nel suo significato una sensazione forte, di chiusura, di asfissia.

Fedrico Caputo, da cittadino libero, che ha saldato la sua pendenza con la giustizia, ha voluto riportare le aberrazioni vissute sulla propria pelle, negli anni trascorsi nel sistema carcerario esistente.

un sistema che, evidentemente, è orientato a reprimere, piuttosto che, a redimere e a rieducare in ottemperanza all’art. 27 della Costituzione.

luoghi ove si pongono in atto, attraverso pratiche legali o ai margini della legalità, azioni con cui si annulla la persona, la soggettività, l’umanità.

se è vero che, un essere umano coglie il suo legame con l’esterno e la propria consapevolezza, attraverso i sensi, il loro annullamento diviene azzeramento della persona.

questo ha scritto Federico, esplicitando la pratica diffusa, altrettanto ha esposto con chiarezza la dott.ssa Toxiri, quando nel compiere un’analisi percettiva dell’individuo in genere, ci ha permesso di ri-esplorarne le funzioni, percependo.

questo taglio, umano, universale in sé, ha convinto Alberto Pinna a dar via alla pubblicazione, ancora colpito come se avesse attraversato quel luogo immondo, narrato nel racconto.

un libro accompagnato dalla prefazione di Maria Grazia Caligaris, che attraverso l’Associazione socialismo diritti e riforme conosce pienamente quel mondo privo di luce, introducendoci per mano, come una sorta di “Virgilio”, in quell’inferno dantesco, che oggi è il carcere italiano.

una istituzione quella carceraria, che geneticamente conserva in sé metodi e luoghi antecedenti le indicazioni della nostra illuminata e disapplicata Costituzione.

il contesto di supporto, caratterizzato da un volontariato attivo e presente, laico e religioso, indispensabile per le carenze e le devianze inerenti il sistema penitenziario, costituisce un supporto minimo e non esaustivo, ovviamente.

non potrebbe essere altrimenti. non sarebbe possibile sopperire solo con meritevoli azioni di matrice umanitaria là dove l’istituzione la nega.

è un sistema, quello carcerario, che nasce con un obiettivo e con una missione, quella punitiva nei confronti di chi non rispetta la legge.

una legge che oggi è divenuta quella scritta dal parlamento democratico, ma che fino a poco più di sessant’anni fa, non lo era.

le riforme susseguitesi, negli anni, dopo secoli in cui il luogo di detenzione confinava o era il luogo di soppressione definitiva dell’essere umano, non sono riuscite a dare senso alle prescrizioni costituzionali.

del resto sarebbe difficile, potremmo dire impossibile.

riforme dietro riforme che,comportano un dispendio e un impiego di uomini e mezzi, sproporzionato e senza esito. se la rieducazione e la sicurezza devono essere questo esito.

lo dice, Federico, <<la contenzione così come è praticata non potrà mai dare garanzie di sicurezza per la popolazione>>, una volta terminata.

perché oltre all’assenza di un percorso di rieducazione è  invece presente quello di una legale violenza di stato psicologica e una fisica, illegale, non sempre documentabile.

non annullamento della pena o svuotamento delle carceri, ma abolizione dell’istituzione carceraria e certezza della pena su dettato costituzionale inscindibilmente al diritto del cittadino condannato, la cui pena è già in sé la detenzione.

maurizio ciotola

cagliari, 16 novembre 2015

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