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CARCERE: RIFORMA IMPOSSIBILE di Maurizio Ciotola

19 novembre 2015 Nessun Commento

Art. 27 Cost. <<Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.>> questa targa è affissa sul muraglione in cui si inerpicano le scale, che conducono alle celle dell’ex carcere di Buoncammino.

era letto da chi oltrepassava quella soglia che, fino a poco tempo fa separava i detenuti dalla libertà.

Non dubitiamo che, i destinatari di quella porzione di articolo della costituzione, dovessero essere altri.

In effetti la citazione dell’art. 27 è incompleta, mancano parti importanti,  che dovrebbero essere ricordate, sempre, anche nei tribunali.

<<la responsabilità penale è personale. L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.>> aspetto questo non trascurabile visto che oggi in carcere in via preventiva, per decisione del magistrato, si entra da innocenti.  

in ultimo <<non è ammessa la pena di morte.>>, che ovviamente non può essere assimilata all’induzione al suicidio, ma dei cui effetti non si coglie differenza.

L’incontro con due degli autori del libro <<Abolire il carcere>> , Luigi Manconi e Valentina Calderone, non poteva esser svolto in un luogo più idoneo. E se il moderatore, Roberto Loddo, chiede al sen. Manconi, il perché devono esistere sempre luoghi ove mettere qualcuno separandolo dalla società, lasciando la platea un po’ spaesata, guardandoci intorno capiamo il giusto motivo di quella domanda.

quei luoghi, così concepiti, in cui non si priva l’individuo solo della libertà, ma lo si annulla nella persona, nel suo essere, sono separati dalla società, non si vedono, non turbano.

Il carcere in quanto istituzione, non può essere riformato, ci dice il senatore Manconi, con lui condivide la constatazione anche don Ettore Cannavera.

È un’istituzione, quella carceraria che nasce ed è concepita in contrapposizione al principio costituzionale, emblematicamente riportato su quella targa di marmo.

Quale rieducazione, recupero del condannato può esistere se questo, durante la sua detenzione, sopporta l’annullamento dei suoi diritti e soprattutto l’avvilimento continuo, in spazi nati con quel presupposto.

Quale aspetto rieducativo svolge l’abusata carcerazione preventiva, disposta dai magistrati in modo arbitrario, che incide sulla “popolazione” degli istituti penitenziari per oltre il 30%.

Abolire il carcere ci ricordano gli autori, non significa annullare la pena, o dichiarare un <<liberi tutti.>>, ovviamente.

abolire il carcere in quanto istituzione, sede continua di  suicidi, non solo tra i detenuti, ma in quantità rilevante anche tra le guardie penitenziarie, deve costituire un traguardo auspicabile, cui giungere in breve tempo.

Se questa istituzione, in cui è disapplicata la suddetta norma costituzionale è inadeguata per i detenuti in genere, pensate quale aberrazione rappresenta per i minorenni, cui la carcerazione comporta un’immersione in tale concentrazione delinquenziale, senza validi percorsi di rieducazione.

Don Ettore  nel carcere minorile è presente, riporta le valutazioni umane relative alla disumanità, che induce i più a reiterare le loro azioni,  lui diversamente, in un’ambiente carico di umanità, permette a tanti di recuperare le loro personalità,  la loro umanità, divenuto da tempo un punto di riferimento.

Un dibattito da cui non siamo andati via sollevati, alleggeriti, no. Piuttosto, consapevoli di questa necessità che è sociale, civile, cui dobbiamo giungere nel breve tempo, demolendo le ragioni cui i professionisti  della “pena” sono inclini, devoti.

maurizio ciotola

 

cagliari, 9 novembre 2015 

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