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CARCERI: “GRAVI RAGIONI SICUREZZA” CONTRO TRASFERIMENTO IN SARDEGNA DI MARIO TRUDU DOPO 35 ANNI DI DETENZIONE

6 luglio 2015 Nessun Commento

“Mario Trudu non può essere trasferito in un Istituto Penitenziario della Sardegna ‘per gravi ragioni di sicurezza’. Lo afferma il Magistrato di Sorveglianza di Spoleto nel rigettare il reclamo che il detenuto di Arzana, attualmente ristretto a San Gimignano, aveva proposto contro il silenzio-rigetto del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria all’istanza del trasferimento vicino ai familiari per poter effettuare regolari colloqui. Una valutazione che lascia perplessi in considerazione dei 35 anni di detenzione scontati dall’uomo, peraltro condannato all’ergastolo, nelle strutture penitenziarie della Penisola”. Lo sostiene Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, con riferimento alle “gravi ragioni di sicurezza collegate – si legge nel rigetto – alle informazioni trasmesse dalla autorità di PS e dalla DDA competente in ordine alla sussistenza di collegamenti del soggetto con la criminalità organizzata”.

“Appare quanto meno singolare – osserva Caligaris – che una persona dopo tanti anni trascorsi nella Penisola dietro le sbarre possa avere coltivato legami con individui appartenenti alla criminalità organizzata. Anche perché, come aveva evidenziato il suo legale Pierandrea Setzu nell’ennesima istanza di trasferimento, l’ultimo delitto per il quale Trudu è recluso non è stato commesso in Sardegna ma nell’Appennino e i coimputati non erano sardi”.

“Perfino l’annotazione del Magistrato di Sorveglianza di Spoleto relativamente al fatto che ‘periodicamente al detenuto sono stati concessi trasferimenti temporanei presso la Casa Circondariale di Nuoro per effettuare colloqui’ appare – rileva ancora la presidente di SDR –imprecisa. Trudu a partire dal 2000, come lui stesso precisa in una lettera, ha usufruito di un avvicinamento temporaneo per colloqui con i familiari nel 2004, nel 2012 e nel 2014. Complessivamente quindi tre mesi in 15 anni”.

“Insomma ancora una volta – conclude Caligaris – viene negata la possibilità a un detenuto di poter continuare a scontare la pena in un Istituto prossimo alla residenza della famiglia contraddicendo alle finalità stesse della perdita della libertà e non rispettando il principio della territorialità della pena costantemente richiamato dal DAP nelle circolari sul trattamento dei ristretti.

 

Cagliari, 2 luglio 2015

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