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CARCERI: ALBANESE DETENUTO A CAGLIARI – UTA CHIEDE DI SCONTARE LA PENA A REGGIO EMILIA DOVE RISIEDE LA FAMIGLIA. E’ IN ITALIA DA 20 ANNI. SOLLECITIAMO APPLICAZIONE TERRITORIALITA’ DELLA PENA

30 maggio 2015 Nessun Commento

“L’applicazione del principio della territorialità della pena consentirebbe a un cittadino albanese, E. P., in Italia da 20 anni, di ricongiungersi alla famiglia, residente nella provincia di Reggio Emilia. L’uomo, 35 anni, si trova nel carcere di Cagliari – Uta da 7 mesi e da allora non vede la moglie e le due figlie di 12 anni e di appena 10 mesi. Una situazione facilmente risolvibile per il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria che potrebbe trasferire il detenuto nell’Istituto Penitenziario del capoluogo dell’Emilia Romagna”. Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, sottolineando che “il giovane, che è definitivo avendo patteggiato la pena, vive con particolare afflizione l’allontanamento dalla famiglia e soffre per la mancanza di regolari colloqui”.

“E. P., in Italia con regolare carta di soggiorno dal 1995 – evidenzia Caligaris – è in stato di detenzione a Cagliari dal 28 ottobre scorso. Da allora non ha più visto la giovane moglie, anche lei albanese di Lushnje, e le figlie, la più piccolina delle quali aveva appena 3 mesi quando lui è stato tratto in arresto. Il suo iter giudiziario si è concluso il 27 marzo scorso e il suo legale avv. Giovanni Christian Melis ha presentato subito l’istanza per il trasferimento del detenuto rimasta però ancora senza risposta”.

“Non si tratta di dargli la libertà – osserva la presidente di SDR – ma di trasferirlo in un’altra struttura della Penisola dove possa effettuare i colloqui con i parenti e ricongiungersi alla famiglia che non può per motivi economici effettuare viaggi in Sardegna. Il DAP del resto dovrebbe consentire ai detenuti, specialmente in presenza di bambini in tenera età e in considerazione delle notevoli distanze, permettere l’uso di sistemi di comunicazione del genere di Skype in modo da favorire più costanti relazioni con i parenti”.

“Il caso del giovane albanese richiama l’attenzione sulla necessità di rispettare il principio della territorialità della pena. Riempire le strutture penitenziarie senza utilizzare questo criterio significa vanificare il lavoro rieducativo e di reinserimento sociale degli operatori penitenziari aggiungendo alla pena inflitta dai Giudici – conclude Caligaris – un ulteriore orpello che grava pesantemente anche sui familiari del detenuto”.

 

Cagliari, 26 maggio 2015

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