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LA SCOMMESSA TRATTAMENTALE. INCONTRI A NUORO E PERMESSO SPECIALE PER DETENUTO MARCELLO DELL’ANNA. INTERVENTO AVV. MONICA MURRU

17 giugno 2014 Nessun Commento

12-13 giugno 2014 “La Scommessa trattamentale”

Non credo che scorderò facilmente ciò che è accaduto nelle giornate del 12 e 13 giugno u.s.

Alle diciassette in punto del pomeriggio di giovedì, mentre il sole brillava caldo e luminoso mi è capitato di vivere una delle esperienze umane più intense ed emozionanti della mia storia professionale; Marcello Dell’Anna, ergastolano ostativo in espiazione  presso la C.C. di Nuoro a Badu e Carros, usciva in permesso ex art. 30 O.P. per recitare al Teatro Eliseo insieme alla Compagnia “Stabile Assai” di Roma Rebibbia.

L’ultima volta che aveva varcato le mura del carcere da “uomo libero” era stato nel maggio 2012, allorchè il magistrato di sorveglianza allora competente, Dott. Paolo Canevelli, gli aveva concesso 16 h. per recarsi all’Università di Pisa a discutere la tesi di laurea in giurisprudenza .

Da allora tante cose sono accadute, compreso il suo trasferimento al penitenziario barbaricino, da lui vissuto come un’ulteriore e suppletiva condanna, prima di scoprire l’opportunità di un nuovo ed importante percorso da vivere proprio a Nuoro.

Adesso  sta  lì, in piedi tra il Direttore, la Dott.ssa Carla Ciavarella ed il comandante, Alessandro Caria , con in mano un nuovo  permesso, dalle h. 17.00 alle 24.00, firmato da un altro coraggioso magistrato, Dott. Riccardo De Vito.

Pochi istanti e siamo fuori le mura, nello spiazzo del parcheggio… lacrime inghiottite in fretta, mascherate da un sorriso forzato mentre cerco di spiegargli come mettere la cintura di sicurezza e poi la strada verso il centro; un sospiro, una risata, una passeggiata veloce, Oddio non così veloce – “non sono più abituato agli spazi aperti, mi gira la testa, mi viene la nausea.. “- una bibita nel caffè più antico di Nuoro, una puntatina in un negozio di dolciumi ed infine l’arrivo in teatro.

I tecnici stanno montando la scenografia, si provano luci, suoni, musica, si ripassa il copione,  si scattano i primi selfie; non sembra vero eppure è così; quanto sta accadendo è reale e tra meno di due ore Marcello Dell’Anna, sarà sul palco insieme alla Compagnia di Antonio Turco a recitare in “La fine all’alba”, storia di una rapina finita male.

In un tempo che sembra volare, tanto corre in fretta, si apre il sipario, risuonano le prime note; la voce calda della splendida Barbara Santoni  si alterna con il sax di Paolo Tomasini ed il basso di Roberto Turco preparando l’ingresso dei protagonisti che, in qualche modo, interpretano ciò che sono stati una vita fa…

Lo spettacolo è un successo, un pubblico numeroso e partecipante, da grandi occasioni, dispensa applausi e calore, con le istituzioni che testimoniano la coralità di quella che è stata davvero una grande scommessa.

Nella città semideserta, la luna ci fa da scorta, mentre a mezzanotte riaccompagno Marcello Dell’Anna a Badu e Carros, in attesa di vivere la seconda grande giornata.

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Il 13 mattina, lo spettacolo viene replicato per i detenuti, nella rotonda del carcere, e qui l’emozione è davvero palpabile, non solo per gli attori, tra cui c’è la Prof.ssa Patrizia Patrizi, docente di psicologia giuridica all’Università di Sassari, e la Dott.ssa Daniela Mei, cancelliere presso il Tribunale di Cagliari – a dimostrazione dello spirito della Compagnia teatrale, in grado di unire diversi ruoli sociali – ma anche per tutti gli operatori penitenziari presenti e per i “colleghi” di Marcello Dell’Anna, testimoni oculari della sua rinascita.

Il momento magico- come l’ha definito il garante dei detenuti per il Comune di Nuoro, Prof. Gianfranco Oppo –  si completa nel pomeriggio allorchè ha inizio un dibattito sui temi più importanti del carcere; dibattito diretto e moderato in modo esemplare dal vicepresidente della Camera dei deputati, On. Roberto Giachetti il quale, mutuando il sistema parlamentare previsto per gli interventi,  assegna a ciascun ospite un tempo non superiore a dieci minuti.

L’apertura è lasciata alla sottoscritta ed allo stesso Dell’Anna, per la presentazione di quello che è il frutto del nostro lavoro, voluto, supportato e sponsorizzato dalla Scuola di Formazione Forense di Nuoro: una dispensa in cui in questi ultimi mesi abbiamo curato la raccolta degli atti del seminario ( 4 incontri tenutisi a Badu e Carros tra febbraio e marzo 2014) e la redazione di un formulario di diritto penitenziario con formule già testate nanti i vari magistrati di sorveglianza.

Si tratta di un volumetto di circa 150 pagg. che propone l’approfondimento di alcune importanti tematiche affrontate nelle giornate di convegno, come l’ergastolo ostativo, il regime del 41 bis, la declassificazione nonché appunto un considerevole numero di istanze già sperimentate nella pratica con esito positivo.

La tavola rotonda vera e propria comincia con l’Avv. Martino Salis che prima di  presentare  i vari ospiti  spiega  la valenza del progetto e perché Nuoro debba essere fiera di aver promosso questa iniziativa; non per niente ha dato i natali a grandi giuristi del calibro di Salvatore Satta  e Giampietro Chironi,  ed ha annoverato  illustri legali tra i padri della Costituzione, aggiunge con un pizzico di orgoglio barbaricino!

Per il Dipartimento prende la parola il Dott. Gianpaolo Cassitta che, partendo dal titolo di un libro scritto a Porto Azzurro diversi anni fa “la grande promessa”, porta avanti un discorso volto all’apertura e al dialogo. Prende le mosse dal fatto che la Sardegna, al pari della Basilicata sia una delle poche regioni senza problemi di sovraffollamento ed in cui si è già avviato un percorso volto al cambiamento della vita in carcere; in questi termini, fa riferimento a diverse opzioni: al “progetto Università”, intrapreso dal carcere di Alghero in cui molti detenuti hanno la possibilità di seguire corsi organizzati dall’ateneo di Sassari, al “progetto Colonia”, ambientato appunto nelle colonie penali di Mamone, Isili, Is Arenas, in cui i detenuti non solo lavorano la terra ed allevano il bestiame ma producono e vendono dei propri prodotti, con un vero e proprio marchio, “I galeghiotti” , al “progetto ICA”, volto alla nascita di una struttura alternativa al carcere dove possano vivere  in maniera adeguata donne detenute con bambini.

Spiega come sia necessario che ciascun detenuto cominci  partendo da se stesso, convogliando il dolore che soffre e che ha provocato negli altri, in attività che lo aiutino ad affrancarsi dall’illegalità e che lo facciano diventare una persona nuova.

Ed è proprio sul concetto di persona che insiste ancora la padrona di casa, la Direttrice, Dott.ssa Carla Ciavarella che racconta del perché il suo compito sia quello di investire ogni giorno sul fattore umano, sul personale e sull’utenza, in modo non solo da garantire una buona qualità di gestione, ovvero un efficiente servizio di sopravvitto, di mensa, la possibilità di prenotare telefonate e colloqui, ma anche di offrire  ulteriori servizi aggiuntivi volti a mettere in pratica il cd. “Trattamento”. Predisporre una gamma di opzioni suscettibili di scelta per tutti gli ospiti della C.C. che devono poter alimentare e nutrire i propri pensieri, interessi culturali, sportivi  e ricreativi. Tutto questo perché anche in carcere, come in qualsiasi altra comunità, si ha a che fare con la vita delle persone  che, per prime loro, non devono mai dimenticare di essere tali.

Quindi è  la volta dei magistrati di sorveglianza, la Dott.ssa Adriana Carta ed il Dott. Riccardo De Vito che si alternano in un discorso legato da un solo comun denominatore: dare un senso alla pena; trovare il modo per applicare veramente l’art. 27 Cost.

E se la Dott.ssa Carta spiega  come sia difficile per lei, operatore del diritto, membro delle istituzioni, comprendere e purtroppo applicare alcune contraddizioni del sistema- come ad esempio l’inibizione concreta del trattamento penitenziario ai condannati per l’art. 4  bis – il Dott. De Vito si spinge fino ad interrogarsi sull’attuale modello carcerario che non può preoccuparsi solo di concedere tre mq. a persona nel  rispetto di ciò che ha decretato la Sentenza Torregiani ma deve costruire valide alternative, riempiendo di contenuti il tempo della pena, cosicchè al momento del rientro in Società, si possa davvero disporre di una seconda chanche.

Certo gli spazi sono importanti, le strutture pure, così come i nuovi orientamenti che consentono di tenere aperte le porte delle celle in modo che i reclusi possano muoversi liberamente dentro la sezione ma serve molto di più, serve mettere a confronto i condannati con le vittime, le ragioni degli uni con quelle degli altri perché anche chi l’offesa l’ha subita non debba vivere fuori con il terrore della belva che è dentro e che prima o poi uscirà!

Discorso questo ripreso in maniera più ampia dalla già citata prof. Patrizi che ancora una volta ha illustrato il modello di giustizia riparativa al momento in procinto di essere applicato nelle cd. “comunità riparative” in alcune zone della Sardegna, intendendosi con questa espressione i contesti territoriali  in cui operare il coinvolgimento di tutte le parti sociali per sviluppare un percorso in chiave di partecipazione, inclusione, solidarietà, prevenzione del disagio e del crimine, e promozione del benessere individuale e collettivo.

Ed è sempre in questa chiave che deve essere letto l’intervento del Procuratore Generale presso Il Tribunale di Nuoro, Dott. Andrea Garau la cui partecipazione ha dato un ulteriore significato al dibattito, laddove, dopo aver precisato che di solito il pubblico ministero si trova a ricoprire un ruolo in qualche modo inconciliabile con quello dell’utenza della magistratura di sorveglianza, ha espresso il desiderio personale di capire meglio le problematiche “di chi sta dall’altra parte”, impegnandosi a mettersi in posizione di ascolto, per recepire le ragioni di tutti.

Di particolare pathos è stato poi l’intervento del Dott. Antonio Turco, da quarant’anni educatore nella casa di reclusione di Rebibbia che ha richiamato tutti ma proprio tutti – dagli operatori penitenziari, agli agenti, agli stessi detenuti – ad un esame di coscienza, ad un’assunzione di responsabilità per evitare di sprecare le opportunità e per offrire  validi modelli di vita ai giovani, a chi purtroppo in carcere continuerà ad entrare  perché condizionato da esempi sbagliati o perché semplicemente ha scommesso sulla scorciatoia del crimine. L’invito alla formazione di tutti gli operatori penitenziari è risuonato nella rotonda  come un grido di aiuto da parte di tutta la comunità carceraria e di tutta la Società civile che ancora crede nell’uomo.

Nell’ambito dei mass media, Il Dott. Franco Siddi, segretario Generale della Federazione Stampa Italiana, ha cercato di spiegare la necessità di contemperare il diritto di cronaca dando spazio a notizie di cronaca giudiziaria e cronaca nera, con l’opportunità di dare risalto ad iniziative come quella oggetto della medesima tavola rotonda, così da focalizzare l’attenzione pubblica su aspetti che devono “arrivare” a tutti, costituendo un ulteriore stimolo per la collettività.

Il Dott. Filippi, direttore de “ La Nuova Sardegna” ha invece illustrato la proposta del suo giornale, al momento unica sul piano nazionale: dedicare una pagina, con cadenza settimanale o bisettimanale, alle voci di Badu e carros; un spazio per detenuti, agenti, operatori e cittadini che abbiano voglia di raccontarsi e  confrontarsi  sui più variegati argomenti: lo sport, il cinema, la vita di tutti i giorni, non solo prigione insomma; un’idea che è stata definita in working progress perché pur partendo da Badu e carros non intende fermarsi al penitenziario nuorese, anche se il fatto che parta proprio da questo carcere – definito negli anni ’70 un braciere sempre acceso, per aver ospitato il gotha delle brigate rosse e della criminalità organizzata, da Renato Vallanzasca a Francis Turatello, da Alberto Franceschini ad Antonio Savasta – vuol essere sintomatico di una nuova ed importante sfida.

L’iniziativa, nata da un’idea di Luciano Piras prende lo spunto da un esperimento portato avanti alla fine del 2013, con la creazione di una redazione interna al penitenziario che ha dato il via al cd. numero zero del magazine “angolo libero” che è stata inserita all’interno del progetto “liberi nello sport” del Prof. Salvatore Rosa, quest’anno vincitore del premio nazionale Enzo Bearzot “la sfida sociale dell’U.S. Acli”.

Un’autentica ovazione ha accolto ancora  l’On. Maria Grazia Calligaris, presidente dell’associazione Socialismo Diritti e Riforme, da sempre impegnata in prima fila per i diritti dei detenuti  che, preceduta dal saluto del Sindaco, Dott. Alessandro Bianchi, ha approfittato della presenza delle istituzioni per ricordare ad alta voce il diritto alla salute per tutti i reclusi e, in conformità al principio della territorialità della pena, il diritto dei medesimi  a scontare la pena vicino agli affetti familiari.

L’intervento personale di alcuni detenuti, tra cui Salvo Buccafusca – attore nella compagnia  Stabile Assai di Rebibbia  -e  Calogero Ferrugia, prossimo liberante, si è ben sposato con quello del comandante Alessandro Caria che ha sottolineato come la politica debba ascoltare di più tanto i detenuti che gli operatori penitenziari e ciò sia per l’adeguamento delle strutture carcerarie alle previsioni normative che per le questioni di natura pratica.

Eloquente, in merito, è stato quando lo stesso comandante ha citato come esempio le carceri appena costruite di Massama e Bancali, rispettivamente ad Oristano e Sassari, che pur essendo destinate alla custodia di persone in regime di alta sicurezza non dispongono paradossalmente di celle singole, con la conseguenza che abbiamo ergastolani che coabitano in tre o in quattro   nel medesimo spazio; parimenti sintomatico è stato il riferimento alla possibilità di far tenere in cella dei pc; ebbene anche qui non vi sono disposizioni chiare  precise: i detenuti possono avere i computer in cella ma questi non devono essere dotati né di masterizzatore né di porte USB, così accade che chi intende disporne spende €.500 per acquistarlo, poi ulteriori €.200 per l’intervento tecnico necessario a renderlo conforme alla normativa ovvero per privarlo di alcuni elementi, poi altre ulteriori somme varie per ripararlo, posto che un pc nato con quegli accessori, una volta privato degli stessi  presenta non pochi problemi.

Di non poco conto è stato anche il richiamo ad un comportamento istituzionale logico e di buon senso: se un detenuto di alta sicurezza viene mandato in permesso premio dal magistrato di sorveglianza  non può continuare ad essere contrassegnato come pericoloso dal Dipartimento per un semplice automatismo, per un mancato adeguamento delle informazioni  interne  che, contrariamente all’evidenza dei fatti, continuano a classificarlo come pericoloso e come tale ascrivibile ai circuiti di alta sicurezza!

Il messaggio, dunque, è stato dato forte e chiaro: maggior ascolto e maggior razionalità, in un clima volto davvero ad applicare il dettato costituzionale, perché a volte per risolvere i problemi  o, al contrario crearli, basta davvero poco; sul punto illuminante è stata la testimonianza del Sig. Luigi Vergine di Lecce, detenuto di lungo corso, da circa un anno ospite a Badu e Carros che si è definito il prodotto sbagliato di una gestione sbagliata, raccontando di come a Nuoro abbia trovato la sua dimensione semplicemente grazie al fatto che la Direzione gli abbia consentito di tenere a portata di mano, sul comodino, un farmaco capace di alleviare le terribili emicranie di cui soffre.

Per arrivare a tale risultato ha confessato di aver fatto nel precedente istituto di pena le cose peggiori, fino ad essere stato quasi accusato di tentato omicidio ai danni dell’operatore sanitario e tutto perché il personale che lo aveva in custodia non capiva né voleva capire l’entità della sua patologia, rifiutandogli di tenere a disposizione la pastiglia “salvavita” da prendere nell’immediato quando stava male!

Ecco, in carcere, talvolta i problemi sono anche questi, ovvero la mancanza di flessibilità e buon senso nell’applicare la normativa e nel non considerare persone coloro che vivono privati della libertà.

La tavola rotonda si è chiusa infine con l’intervento del garante dei detenuti per il Comune di Nuoro, Prof. Gianfranco Oppo che, sfogata l’amarezza per una legislazione carceraria attuale priva di indirizzo, di obiettivi, ha deprecato il continuo ricorso alla legislazione di emergenza, ai decreti legge che creano aspettative mostruose e che una volta convertiti in legge lasciano ulteriori strascichi e delusioni che spesso, dentro il carcere sfociano in episodi di autolesionismo.

Tra gli applausi generali ha concluso dicendo che la sentenza Torregiani è servita sì per sollevare il problema dello spazio, dell’edilizia carceraria ma che, successivamente è stata strumentalizzata per nascondere sotto il tappeto la polvere dei veri problemi pratici perché ciò che non è più tollerabile è l’infantilizzazione del detenuto, la deresponsabilizzazione dello stesso che, al contrario, deve essere fatto parte attiva nel processo di risocializzazione, facendolo osservare e non solo essere osservato!  

Ed è proprio sulla scia di queste considerazioni finali e del fatto che in questa due giorni è stata davvero vinta una scommessa – grazie alla forte sinergia tra avvocatura, magistratura di sorveglianza, Amministrazione penitenziaria ed operatori vari -  che chi scrive non  può non concordare con il garante quando parla di momento magico e cominciare a spostare più in alto l’asticella per il raggiungimento di prossimi possibili obiettivi!

Avv. Monica Murru

 

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