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CARCERI: SORVEGLIANZA DINAMICA IMPOSSIBILE BUONCAMMINO

22 ottobre 2013 Nessun Commento

“La sorveglianza dinamica, il dispositivo messo a punto dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria per ‘rendere maggiormente dignitosa l’esecuzione della pena’ favorendo una maggiore permanenza fuori dalle celle durante le ore diurne’ non può essere attuata nella Casa Circondariale di Cagliari per le caratteristiche della struttura e per la carenza degli spazi”. Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, sottolineando “i tratti approssimativi di una circolare che avrebbe il principale compito di dare attuazione al dispositivo della legge sull’ordinamento penitenziario del 1975″.

“Un Istituto come quello cagliaritano – osserva Caligaris – non ha a disposizione, nella maggior parte delle sezioni, di spazi di socializzazione e risulta impossibile lasciare le celle aperte su ballatoi troppo stretti e quindi difficilmente praticabili. Si dimentica peraltro che il numero elevato di detenuti, costantemente in sovraffollamento, nonché la tipologia (tossicodipendenti e ammalati), impediscono di attuare il progetto del Dipartimento”.

“Le nuove strategie operative individuate per contenere ‘la piaga del sovraffollamento che da anni affligge il nostro Paese’, come annota il Capo del Dipartimento nelle ‘Linee guida sulla sorveglianza dinamica’ emanate nel luglio scorso ma riproposte in Sardegna di recente, si limitano in sostanza – sottolinea la presidente di SdR – a fornire delle indicazioni di massima, talvolta peraltro contraddittorie, che non sono in grado incidere nella quotidiana esistenza delle persone private della libertà”.

“Da un lato infatti si mette l’accento sulla necessità di “rilanciare in particolare l’attività trattamentale”, dall’altro però, pur richiamando l’esigenza di conoscere il detenuto non solo nel contesto esclusivo della cella, destina prevalentemente il personale di Polizia Penitenziaria “in posti fissi all’esterno delle sezioni, presidiando i punti a rischio dell’Istituto, quali il muro di cinta e i varchi verso l’esterno. Se infine venisse davvero valorizzato il ruolo dell’attività trattamentale si dovrebbero garantire – conclude Caligaris – investimenti per aumentare il numero degli educatori e accrescere le opportunità di studio e formazione. Aspetti invece del tutto estranei agli indirizzi della circolare del DAP”.

Cagliari, 22 ottobre 2013

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