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CARCERI: DAP LEDE DIRITTO DIFESA DETENUTI, EMBLEMATICO CASO RAFFAELE ARZU

5 settembre 2013 Nessun Commento

            “Il diritto alla difesa nel processo penale è inviolabile. E’ infatti riconosciuto dalla Costituzione. Il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria però spesso lo lede quando un cittadino è privato della libertà, considerandolo non solo già colpevole ma assegnandogli anche una pena aggiuntiva”. Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, con particolare riferimento al caso di Raffaele Arzu, 34 anni, originario di Talana in Ogliastra, ristretto nel carcere di Prato, in Toscana, “costretto a viaggiare continuamente per poter essere presente ai processi senza però avere il tempo necessario per prepararsi alle udienze confrontandosi opportunamente con il suo legale”.

            “Ancora una volta, un diritto sancito dalla Carta Costituzionale viene messo tra parentesi – osserva Caligaris – perché non viene garantita la territorialità della pena. L’aspetto paradossale è che i detenuti Yo Yo, costretti dal DAP ad andare su e giù per lo Stivale, aumentano notevolmente i costi del sistema penitenziario. Se non è possibile farli restare stabilmente in Sardegna, benché ciò appaia irragionevole, basterebbe consentire ai detenuti di poter permanere nell’isola almeno il tempo necessario per preparare con il difensore le udienze ravvicinate”.

            “Raffaele Arzu invece viene tradotto nelle sedi processuali, a Cagliari e/o Lanusei,  il giorno precedente il dibattimento. L’arrivo è in serata. Ne consegue che può incontrare il legale – sottolinea la presidente di SdR – soltanto pochi minuti prima dell’udienza. Il diritto alla difesa è un principio che tende ad affermare e raggiungere la finalità della giustizia giusta. Negandolo si priva la società della clausola fondamentale del processo che deve tendere al raggiungimento della verità, senza ombra di dubbio”.

            “Sono molte le ragioni – conclude Caligaris – che dovrebbero far prevalere il rispetto dei principi costituzionali. Si tratta della salvaguardia della persona che deve essere giudicata evitando storture. Un primato del senso di umanità che il DAP non sembra voler garantire privilegiando invece la visione vendicativa dello Stato ancor prima di avere concluso l’iter giudiziario. Quello di Arzu è un caso emblematico anche di indifferenza che nuoce alla correttezza dell’operato della macchina della giustizia”.

Cagliari, 29 agosto 2013

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