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IL NUOVO CARCERE DI CAGLIARI TRA LAVORI INFINITI E SILENZI ASSURDI articolo di Maria Grazia Caligaris, pubblicato da Sardegna Quotidiano

24 luglio 2013 Nessun Commento

 Il nuovo carcere di Cagliari, che sta sorgendo da sette anni nell’area industriale di Macchiareddu afferente al territorio del Comune di Uta, non è nato sotto una buona stella. E’ il frutto amaro di un progetto politico teso, con l’obiettivo di ridurre il sovraffollamento, a “scaricare” in Sardegna una consistente fetta del sistema penitenziario italiano. L’assegnazione dei lavori alle imprese, secretata per l’emergenza, risale al 2005. Al via 1.400 nuovi posti tra  Tempio Pausania, Cagliari, Oristano e Sassari. L’investimento complessivo, aveva precisato il Guardasigilli Roberto Castelli, ammontava a circa 160 milioni di euro, lievitati sensibilmente, anche se la cifra complessiva è uno dei misteri dell’intera operazione, non solo per la realizzazione, decisa nel 2009, di due nuove sezioni a Uta e Bancali per ospitare oltre 180 cittadini condannati al carcere duro riservato agli associati alla criminalità  organizzata.

La nuova struttura penitenziaria, la più importante dell’intera operazione che a regime interesserà quotidianamente circa mille persone, sarebbe dovuta entrare in funzione nel 2010. Nel 2005 infatti si svolse una conferenza di servizi, l’unica finora che abbia visto coinvolti l’amministrazione comunale di Uta, il Ministero delle Infrastrutture, la Regione e il Prefetto. In quella circostanza furono definite le condizioni di lavoro e fu fissata la data di cinque anni per la consegna dell’opera. I tempi di realizzazione della struttura, slittati più volte, non hanno ancora una data definita. Nel frattempo gli interventi a favore del territorio, per ridurre il peso dell’imponente servitù, non sono stati previsti e gli enti locali interessati (Comuni, Provincia, Regione) non sono stati coinvolti nella predisposizione dei servizi pubblici indispensabili per l’inserimento della mega struttura nella realtà urbana dell’area vasta di Cagliari.

Il cumulo di ritardi nella realizzazione della megastruttura con 650 posti è stato segnato anche dalle periodiche rivendicazioni degli operai per il mancato pagamento degli stipendi in tempo utile e dai ritardi nel rispetto degli impegni assunti con i fornitori dei materiali provocando contenzioni che si aggiungono a quello iniziale legato alla valutazione dei terreni espropriati. Nonostante il finanziamento di 60 milioni di euro, “Opere Pubbliche” ha continuato a non rispettare gli impegni e a pagare con il contagocce i lavoratori.

L’associazione Socialismo Diritti Riforme, che segue dal 2010 le vicende di Uta, dopo diversi sopralluoghi con tecnici e i volontari, ha segnalato la presenza di due vasconi per l’irrigazione a ridosso del muro perimetrale, di rumorose pale eoliche, di pannelli fotovoltaici e di un odore insopportabile derivante da un’azienda per la lavorazione degli scarti delle macellazioni sollecitando un accertamento da parte dei tecnici della ASL e/o dell’Ufficio di Igiene Pubblica per verificare la salubrità dell’aria. I miasmi infatti pesano gravemente sulla zona, specie nelle giornate estive. Ha anche chiesto un’indagine parlamentare che deve essere estesa alla realizzazione dell’intera operazione “emergenza carceri”  in modo da accertare, dopo la secretazione degli atti, i motivi che hanno condotto alla scelta dei terreni dove sono state ubicate le strutture e delle imprese che le hanno realizzate nonché  le responsabilità dei gravi ritardi e degli errori commessi (uno per esempio la mancata impermeabilizzazione della  mega-struttura di Massama-Oristano).

Per quanto concerne i ritardi di Uta non è pensabile, infine, che vengano indicate date di apertura – come quella del prossimo ottobre – sapendo che non potranno essere rispettate o si tenti di aprire, in una fase iniziale, solo un settore di 100 posti destinato ai detenuti pericolosi utilizzando un apposito reparto di personale della Polizia Penitenziaria con un ulteriore aggravio di costi. Si tratta di soluzioni-tampone che aggravano gli errori iniziali provocati dal mancato coinvolgimento degli Enti Locali e di chi il carcere oltre a subirlo deve viverlo e frequentarlo.

Maria Grazia Caligaris, presidente associazione Socialismo Diritti Riforme

 Cagliari, 22 luglio 2013

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