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CARCERI: BOMBOLA OSSIGENO IN CELLA CDT BUONCAMMINO

17 aprile 2013 Nessun Commento

    “La necessità di salvare la vita a un detenuto con una grave insufficienza respiratoria ha determinato l’introduzione di una bombola di ossigeno in una cella del Centro Diagnostico Terapeutico della Casa Circondariale di Cagliari. La circostanza, tuttavia, è altamente pericolosa per l’incolumità degli altri detenuti e per la sicurezza della struttura. Inaccettabile per un cittadino affetto da una patologia inguaribile subire tale infermità in una cella”. Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, richiamando ancora una volta l’attenzione “su un cittadino privato della libertà le cui condizioni di salute sono incompatibili con lo stato di detenzione”.

    “L’uomo A. G., 56 anni, di Codrongianos (Sassari), è stato trasferito a Cagliari – sottolinea Caligaris – da Bad’e Carros, dove stava scontando la pena dell’ergastolo, per poter essere ricoverato in un CDT secondo quanto disposto dal Tribunale del Riesame di Sassari. La struttura cagliaritana però non è attrezzata per garantire in sicurezza l’ossigenoterapia di cui ha necessità costante per la grave insufficienza respiratoria da cui è affetto da tempo. L’acuirsi del disturbo progressivo e irreversibile ha imposto una soluzione tampone, ma il DAP dovrebbe capire che, in attesa di un’alternativa, sarebbe opportuno mandarlo a casa come ha suggerito del resto anche il perito del Tribunale”.

            “Il caso di A. G. – osserva la presidente di SdR – sembra voler riaffermare una concezione vendicativa della pena. Non si comprende infatti come una persona purtroppo destinata a convivere con una malattia inguaribile e in costante aggravamento possa restare in una cella, da sola, senza neppure un piantone. Non solo la situazione è così delicata per gli altri ricoverati che un piccolo errore, come accendere una sigaretta o un fiammifero nell’area circostante, possa provocare un disastro. Il trasferimento in una struttura penitenziaria della Penisola non sembra d’altra parte la soluzione migliore in quanto presupporrebbe un ulteriore isolamento dai familiari.Occorre però intervenire tempestivamente perché la situazione – conclude Caligaris – risulta poco gestibile”.

                        A.G., in carcere dal 2009, ha visto progredire costantemente la patologia originata nel 1992 da un’intossicazione da vapori di zinco che ne aveva determinato un ricovero urgente per una crisi respiratoria acuta nell’ospedale di Sassari. A diagnosticare l’emosiderosi polmonare era stato nel 2005 il pneumologo Carlo Grassi della Clinica Pneumologica dell’Università di Pavia che aveva individuato la malattia indicando le diverse tappe di ineludibile aggravamento.

 Cagliari, 11 aprile 2013

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