L’Unione Sarda. Maria Grazia Caligaris intervistata da Giorgio Pisano. Giorgio Pisano
Ristretti Orizzonti – www.ristretti.org
Sardegna: intervista a Maria Grazia Caligaris (Sdr); inapplicata “territorializzazione della pena”
di Giorgio Pisano
L’Unione Sarda, 11 febbraio 2013
Nelle prigioni della Sardegna sono rinchiuse circa duemila persone. Sulla carta c’è posto per
almeno un altro centinaio. Ma allora che senso ha parlare di sovraffollamento, di carceri che
scoppiano?, che senso ha farci vedere centinaia di mani sventolare fazzoletti bianchi oltre le
sbarre? Il Dipartimento di amministrazione penitenziaria (Dap, braccio operativo del ministero di
Giustizia) conteggia ancora sezioni carcerarie chiuse da anni. Ammuffite. Per ragioni
burocratiche (e inconsapevolmente ciniche) sono in teoria spazi considerati liberi, pronti ad
accogliere nuovi detenuti. A questa filosofia si ispira sicuramente il fatto che i nuovi penitenziari
in costruzione hanno una sterminata disponibilità dei posti. Significa che il nostro governo è
pessimista sul futuro, che piccoli italiani crescono sempre peggiori e malandrini?
Negli anni 70, davanti all’ennesimo invio di super malavitosi dalla penisola, il procuratore della
Repubblica Peppino Villa Santa tuonò sui giornali di tutta Italia: “Siamo un’isola pattumiera”. Per
quella e altre ragioni non si sbagliava.
Maria Grazia Caligaris, 55 anni, unica contro voce istituzionale su questo terreno minato,
addolcisce il concetto affermando che “siamo un’isola – prigione”. Insegnante di italiano e storia
in una scuola superiore, pubblicista, è presidente di un’associazione che si chiama Socialismo
diritti riforme. Spiega (con una frase illuminante) che raccoglie volontari “in cerca di cittadini che
intendano ripristinare il diritto anziché il favore”. Tenuto conto del costume e delle abitudini
patrie, il programma è palesemente eversivo. “I diritti sono stati immolati a vantaggio del favore
e noi ci battiamo contro questa logica”.
Per una legislatura (dal 2004 al 2009), Maria Grazia Caligaris è stata consigliere regionale.
“Esperienza che mi ha provato: ho faticato molto per essere sempre all’altezza del ruolo”. Bella
la vita da onorevole? “Per alcuni certamente sì”. Per lei sicuramente meno, visto che “qui ed
ora” non tornerebbe tra i banchi del Consiglio regionale.
Preferisce occuparsi degli ultimi degli ultimi dopo una folgorazione che risale a molti anni fa.
Faceva la giornalista per l’agenzia Italia quando l’hanno mandata a seguire una commissione
parlamentare in tour tra le sbarre. “Se sei una persona normale, sentire semplicemente il
cancello automatico chiudersi alle tue spalle ti dà un brivido”. Brivido che si è convertito in
orrore nel vedere poi celle minuscole e inadeguate, umidità, poca luce, bambini imprigionati
assieme alle mamme nella sezione femminile.
Di prigioni ha continuato a occuparsi da consigliere regionale e, chiusa la legislatura, ha
mantenuto la barra sulla stessa rotta. Sostiene che quando si parla di diritti negati bisogna
cominciare dai piani bassi, da quei sottani della giustizia dove si agitano migliaia di disperati.
Inclusi quelli che non ce la fanno e preferiscono impiccarsi.
Registro Stampa del Tribunale di Padova (n° 1964 del 22 agosto 2005)
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