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LA SCALA: AUTOCELEBRAZIONE DI UN SISTEMA ESCLUSIVO un contributo-riflessione del socio Maurizio Ciotola

11 dicembre 2012 Nessun Commento

Nel mio immaginario la Scala di Milano è puntualmente associata alla “reazione” agita dalla classe dominante, nei confronti di una popolazione ridotta alla servitù in modo più o meno esplicito.

 Assistere alla spettacolarizzazione di un evento, in se riconducibile alla celebrazione e al trionfo dell’agire di un gruppo di uomini, che si ingegnano a sfruttare, in modo spietato, tanti altri, non dovrebbe trovare l’accoglimento di quella stessa popolazione sottomessa.

 Lo spietato utilizzo di genialità artistiche indiscusse, al fine di perpetuare il sistema ha da sempre permesso di celare e piegare idee e volontà, spuntando, azzerando qualsiasi capacità di incidenza “diversa” sul processo in corso.

 Ancora ieri si è ripetuta sul palcoscenico del Teatro alla Scala, la manifestazione del “bello”, rendendolo disponibile solo a pochi, una élite che nei fatti disprezza il contesto da cui trae vitalità e giovamento, nella accezione parassita del termine,.

E’ difficile credere che, ancora nel ventunesimo secolo, di fronte all’acuirsi non casuale, di una sofferenza sociale determinata dalla edificazione di argini e mura a protezione della “rocca” incantata del potere, tali ritualità non trovino la giusta stigmatizzazione dei movimenti popolari e dei partiti di natura socialista.

Non sia frainteso l’intento e la volontà, che non traggono radici da un moto violento o da una ignoranza, che impedisce o impedirebbe, di cogliere il bello racchiuso e talvolta espresso, nelle liriche rappresentate, che qui non costituiscono l’oggetto delle mie osservazioni, quanto invece l’ambito costosissimo ed elitario in cui esse vengono rappresentate.

Il costo degli enti lirici grava sui finanziamenti dello Stato, sottraendo alla “torta” destinata alle produzioni artistiche, nella misura dell’ottanta per cento del totale finanziato.

In altri termini noi tutti, finanziamo progetti e riti tesi a rinforzare il sistema dominante, sottraendo ad importanti iniziative e a progetti innovativi, la necessaria contribuzione dello Stato.

E’ come se destinassimo parte dei nostri averi per riprodurre schemi immutati, che rinforzano e reiterano il sistema di potere, piuttosto che agevolare progetti tesi a metterlo in discussione, in senso costruttivo,  questo nostro operato, politico e sociale, sempre più chiuso a reali volontà di cambiamento.

Maurizio Ciotola

 Cagliari, 8 dicembre 2012

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