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CARCERI: URGE ACCORDO DAP-POSTE ITALIANE PER FACILITARE PAGAMENTO PENSIONI DETENUTI

22 giugno 2012 Nessun Commento

“Un protocollo d’intesa tra il Direttore regionale di Poste Italiane e il Provveditore  dell’amministrazione penitenziaria della Sardegna consentirebbe ai cittadini privati della libertà dei 12 Istituti penitenziari dell’isola di accedere direttamente e quindi più rapidamente ai servizi di “Bancoposta” con particolare riferimento alla riscossione delle pensioni di anzianità o di invalidità”. Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, nel denunciare le difficoltà incontrate dai detenuti per le operazioni postali o bancarie.

“La fruizione del beneficio economico – sottolinea Caligaris – rappresenta per molti cittadini privati della libertà del carcere di Buoncammino un vero e proprio problema difficilmente risolvibile. Attualmente, infatti, la pensione viene erogata dall’Inps attraverso bonifici postali che però i detenuti non possono direttamente riscuotere. Per poter accedere al beneficio, in assenza di parenti o amici fidati, devono chiedere la disponibilità di un volontario che personalmente si rechi nell’Ufficio Postale incaricato del pagamento e, con apposita delega, ritiri allo sportello la somma che successivamente, secondo le decisioni dell’interessato, dovrà essere versata sul conto interno del carcere o consegnata ai familiari. La presenza nel carcere di un significativo numero di persone distanti dai familiari o del tutto sole sta creando notevoli problemi anche perché l’amministrazione postale si rifiuta di  concedere ai ristretti la carta postale (postepay) di cui fruiscono gli altri cittadini. Un’autentica assurdità – precisa la presidente di SDR – che discrimina e danneggia i detenuti. Se un cittadino perde la libertà ed è in possesso della post-pay può infatti continuare ad utilizzarla chi invece non ne è in possesso non può averla”. 

 “Il servizio, strutturato attraverso l’accordo, costituirebbe un’importante innovazione in grado di cambiare notevolmente la qualità della vita dei detenuti che, grazie alla pensione, possono vivere più dignitosamente l’esperienza della reclusione e spesso aiutare la famiglia. Non si può del resto dimenticare che i reclusi stanno pagando un debito con la giustizia che consiste appunto nella privazione della libertà ma non devono subire pene aggiuntive. C’è poi da chiedersi perché una volta individuate buone prassi non debbano – conclude Caligaris – essere applicate a tutti i cittadini ma solo ad alcuni”.

Cagliari, 21 giugno 2012

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