CARCERI: DETENUTO 7 ORE IN AEROPORTO PER 2 ORE DI COLLOQUIO CON L’ANZIANA MADRE GRAVEMENTE AMMALATA.
Due ore di colloquio con la mamma malata, quattro aerei, un trasferimento in ambulanza e 7 ore in aeroporto in attesa dell’aereo per poter rientrare a Cagliari. E’ in sintesi la cronaca del viaggio di un detenuto calabrese che dal capoluogo dell’isola, nell’arco di 24 ore, ha raggiunto un piccolo paese della Calabria, a 80 chilometri da Reggio, con un permesso di necessità di 2 ore concesso per le gravi condizioni di salute della madre.
“Si è rinnovato, con l’aggravio della lunga imprevista sosta in aeroporto dentro un’ambulanza, mobilitata per le condizioni di salute del cittadino privato della libertà, il tour de force di un detenuto di Buoncammino e della scorta”. Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”. “A peggiorare la situazione – sottolinea – la modifica dell’orario dei voli in seguito al passaggio all’ora solare. L’odissea di L. B., in stato di detenzione da oltre 15 anni è stata condivisa dagli agenti della Polizia Penitenziaria della scorta che hanno dovuto provvedere alla traduzione”.
L’uomo aveva chiesto e ottenuto di incontrare l’anziana donna, affetta da linfoma e sottoposta a chemio e radioterapia e quindi impossibilitata a effettuare colloqui con il figlio a causa delle precarie condizioni di salute. Il Tribunale di Sorveglianza gli ha concesso solo 2 ore di colloquio perché nelle precedenti occasioni, dopo i necessari accertamenti aveva accordato un permesso di 4 ore per il colloquio ma il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria lo aveva ridotto alla metà per “motivi di sicurezza”. In questo modo l’incontro madre-figlio ha comportato un viaggio aereo andata e ritorno Cagliari-Roma-Reggio Calabria per 6 persone e un trasferimento con un’ambulanza per 160 chilometri.
“Un assurdo dispendio di energie fisiche, mentali e di denaro che – conclude Caligaris – poteva essere evitato con un trasferimento temporaneo a Reggio Calabria o meglio ancora applicando il principio della regionalizzazione della pena previsto dalla legge sullordinamento penitenziario. Solo motivazioni ragionieristiche e una concezione punitiva della norma possono infatti giustificare una scelta così restrittiva e dispendiosa”.
Cagliari, 17 novembre 2011
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