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STALKING: NECESSARI PROGETTI PER RECUPERO E REINSERIMENTO SOCIALE.

25 agosto 2011 Nessun Commento

di Maria Grazia Caligaris, presidente “Socialismo Diritti Riforme”

E’ difficile affrontare questo genere di argomenti quando una donna, l’ennesima, è a rischio della vita avendo subito un’aggressione da un uomo con cui aveva avuto una storia d’amore. La legge regionale sarda sull’Istituzione dei Centri Antiviolenza e le Case d’Accoglienza è stata approvata nella precedente legislatura proprio per arginare la violenza di genere. Per favorire quelle azioni positive che producono una cultura del rispetto e della parità. Azioni e pensieri per cercare di trasformare una società profondamente maschilista, in una realtà dove la parola rispetto coincide con la valorizzazione delle differenze, delle intelligenze, del confronto e della libera crescita intellettuale delle persone.

Quando si parla di atti di violenza e delle persecuzioni caratteristiche di chi ossessivamente vuole dominare l’altra persona, talvolta di sesso maschile ma il più delle volte si tratta di una donna costretta a difendersi e a nascondersi per non soccombere, si deve guardare necessariamente anche alla realtà del sistema penitenziario. Le strutture destinate ad ospitare detenuti condannati per reati relativi alla sfera sessuale non svolgono la funzione principale per cui sono state istituite cioè quella del recupero sociale e culturale del violento. Le misure di sicurezza, come il divieto di avvicinarsi alla casa della persona perseguitata, non funzionano. Chiedersi il perché consente di ragionare in termini alternativi.

In realtà queste persone devono essere sottoposte a trattamenti che le rendano consapevoli di quanto hanno commesso e producano un equilibrio (o lo creino) in grado di contrastare qualunque tendenza a ripetere il reato. Si tratta in sostanza di considerare questi soggetti non semplici delinquenti ma individui con devianze da reinserire nel circuito sociale solo dopo un percorso lungo o breve a seconda della gravità della malattia.

Attualmente nulla di ciò avviene. La persona ritenuta colpevole di un reato sessuale viene mandata in un carcere solo teoricamente “speciale”. Un esempio significativo dell’importanza che il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria assegna a questo genere di detenuti è rappresentato in Sardegna dall’Istituto di Iglesias. Un carcere dove non c’è neppure uno psicologo! Che tipo di interventi riabilitativi è possibile attivare in queste condizioni? Praticamente nessuno perché pur essendo un Istituto finalizzato all’accoglienza e al trattamento dei cosiddetti sex offender non dispone di un’équipe altamente professionalizzata per affrontare le diverse problematiche. Così i pedofili e i violentatori escono dalle strutture detentive in condizioni peggiori di quelle in cui si trovavano prima dell’arresto e reiterano gli atti violenti, la pedofilia, lo stalking. Anche le misure di sicurezza esistono in pratica solo sulla carta. Una donna che si reca dai Carabinieri per segnalare il comportamento ossessivo del suo ex marito non ottiene che qualche parola di conforto.  Il principio che anima la nostra società è ormai esclusivamente quello di risparmiare. La conseguenza è che la Polizia e i Carabinieri non possono neppure accertare che la persona sottoposta a divieto di avvicinarsi alla casa della persona offesa rispetti il provvedimento del Giudice. Non sono in numero sufficiente per questi servizi e non hanno neppure mezzi adeguati, spesso fanno salti mortali perfino per fare il pieno di benzina.

Le donne e i bambini vengono lasciati da soli a subire le violenze domestiche e quelle fuori dalle mura di casa. Cambiare la cultura non è facile e non può essere un impegno delegato alle stesse vittime o solo ai Centri Antiviolenza. Occorre l’impegno di tutte le Istituzioni. Bisogna praticare il rispetto della differenza in ogni ambito sociale. La sicurezza dei cittadini non si ottiene escludendo dalla vita, con la detenzione, chi commette un reato. Soprattutto quando si sa che entrare in un carcere sovraffollato senza personale specializzato significa soltanto parcheggiare per un certo periodo un soggetto fragile e malato. Non sono necessari neppure atti straordinari e clamorosi con dichiarazioni forti che grondano demagogia. Le leggi che riempiono le strutture detentive non sono buone leggi perché non risolvono i problemi. Al contrario li rimandano di mesi, anni.

Bisogna cambiare sistema applicando sanzioni amministrative, promuovendo misure di controllo sociale e intervenendo con strategie di recupero e reinserimento. Aumentare il numero di detenuti nelle carceri, senza considerare l’individualità, il tipo di reato, l’ambiente e la cultura di provenienza produce insicurezza e paura tra i cittadini. Tutti sanno che prima o poi quella persona che ha commesso un reato grave tornerà in libertà e non essendo stato rieducato commetterà lo stesso errore oppure uno più grave.

Il sistema detentivo attuale, come tante questioni irrisolte, a partire dalle lunghe attese per ottenere un esame diagnostico e il riconoscimento di un diritto, sono utili. Rientrano in meccanismi di potere che generano favori e privilegi. Il contrario di una società civile che vuole ogni cittadino in grado di esprimersi su ogni aspetto dei servizi liberamente senza chiedere un aiuto per esigere un diritto.

Maria Grazia Caligaris, presidente associazione onlus Socialismo Diritti Riforme

Cagliari, 18 agosto 2011

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