CARCERI: NEGATI “DOMICILIARI” A CAGLIARI A DETENUTO CON CANCRO
“Un detenuto – R.P. con un carcinoma alla prostata – dovrà effettuare le 42 sedute di radioterapia andando avanti e indietro dal carcere di Buoncammino all’ospedale oncologico accompagnato dalla scorta. Il Tribunale di Sorveglianza di Sassari gli ha infatti negato gli arresti domiciliari perfino in una struttura sanitaria. E’ il più evidente esempio di un trattamento afflittivo aggiuntivo immotivato da ragioni di sicurezza e ispirato piuttosto a un concetto vendicativo della pena detentiva”. Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme” avendo appreso la decisione dei Giudici che, dopo una pausa di riflessione di una settimana e dopo aver messo a confronto le opposte tesi di due periti uno di parte e l’altro del Tribunale, hanno negato i “domiciliari” nonostante anche i Medici del Centro Clinico avessero suggerito la misura alternativa alla detenzione per il periodo di cura.
“Non è la prima volta purtroppo – sottolinea la presidente di SdR – che viene negato dalla Magistratura di Sorveglianza il differimento pena in casi di malattie oncologiche. E’ accaduto nei mesi scorsi anche a Cagliari a una detenuta M.L. con un tumore al seno che ha dovuto sostenere un ciclo di 30 sedute restando nella sezione femminile di Buoncammino. In entrambi i casi ha sopperito al disagio la sensibilità della scorta ma resta inspiegabile la decisione. Oltre alla situazione fisica e psicologica del paziente tumorale, la struttura detentiva non può garantire quelle condizioni igienico sanitarie indispensabili nella delicata fase della terapia”.
“La scelta dei Giudici – evidenzia ancora Caligaris – appare in contrasto non solo con gli articoli 27 e 32 della Costituzione ma anche con la recente sentenza della sezione penale della Cassazione che, a prescindere dalla compatibilità, raccomanda l’umanizzazione della pena soprattutto con riguardo ai detenuti che non versano in felici condizioni di salute. Ma evidentemente la presenza di un carcinoma e la necessità di una cura radioterapica non sono stati sufficienti per giustificare una collocazione in una struttura alternativa. Resta da chiedersi chi si dovrà assumere la responsabilità di una eventuale infiammazione o complicazione dovuta alle condizioni ambientali in un Istituto di impianto ottocentesco come quello cagliaritano”.
Cagliari, 9 settembre 2010
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