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CARCERI:DETENUTA “MIGRANTE”: 8 ISTITUTI IN 24 MESI

30 agosto 2010 Nessun Commento

 

 

             “Il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria merita l’iscrizione d’ufficio al  guinness world records. E’ riuscito a far trasferire una detenuta in due anni ogni tre mesi. Otto traduzioni da Pozzuoli, dov’è stata arrestata il 16 settembre 2008,  a Palermo in cui si trova adesso, attraverso, tra gli altri, Cagliari, Bari, Messina, Taranto. Un record difficilmente eguagliabile fuori da qualunque logica e contrario ai diritti delle persone private della libertà”. Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme” avendo accolto l’appello del marito della donna, Gennaro D’Antonio, infartuato, in sedia a rotelle, con il 90% d’invalidità e disturbi psichici, detenuto nel carcere cagliaritano di Buoncammino.

            “Una situazione paradossale considerati i costi delle traduzioni – sottolinea Caligaris che ha ricevuto una lettera dalla detenuta – anche alla luce dei continui richiami ai risparmi, con costanti tagli all’istruzione, all’igiene, alle attività di recupero e risocializzazione dei detenuti. Anna Lucarella, 47 anni, condannata in primo grado, a Cagliari, a dieci anni di reclusione,  è madre di due figli minorenni attualmente di 12 e 14 anni. Entrambi i ragazzi sono affidati alla suocera di 83 anni, con gravi disturbi di salute. La detenuta, che chiede di essere trasferita in un Istituto di pena vicino ai figli residenti a Ercolano sta subendo un trattamento non previsto da alcun codice, anzi contrario al principio costituzionale sancito dall’articolo 27 e all’ordinamento penitenziario in vigore”.

            “Qualcuno deve spiegare per quale motivo – evidenzia ancora la presidente di SDR – la donna, in attesa dell’appello, debba subire la pena aggiuntiva alla privazione della libertà di vedersi negata la possibilità di incontrare i figli. E’ infatti reclusa in una cella con altre sette detenute in un Istituto, il Pagliarelli di Palermo, non raggiungibile dai familiari. Se poi costituisce un pericolo   la sua presenza in carcere nell’area di Napoli, non si comprende perché non le venga concesso di stare a Cagliari dove potrebbe almeno effettuare colloqui con il marito”.

 Cagliari, 30 agosto 2010

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