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Carceri: ANREL rafforza federalismo detentivo.

7 luglio 2010 Nessun Commento

“Il reinserimento sociale e lavorativo delle persone private della libertà e degli ex detenuti è un compito istituzionale che compete alle strutture del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria secondo precisi criteri. Non può diventare un servizio per promuovere e sostenere il federalismo detentivo. Così dalla certezza del diritto è facile passare alla discrezionalità del favore”. Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”con riferimento alla nascita dell’Agenzia Nazionale Reinserimento e Lavoro destinata nella prima fase alle regioni Sicilia, Campania, Lazio, Lombardia e Veneto sottolineando “ancora una volta l’esclusione della Sardegna dalla possibilità di migliorare le condizioni di vita dei detenuti e dei loro familiari”.

“Un’iniziativa, come l’agenzia ANREL, finalizzata a creare lavoro e a realizzare progetti innovativi per una parte seppure consistente di detenuti, determinerà inevitabilmente – sostiene Caligaris – dei problemi di equità nel trattamento delle persone private della libertà. Un progetto di questa natura presuppone per tre anni un blocco dei trasferimenti dei detenuti e del personale mentre si scatenerà da subito una guerra per ottenere la dislocazione nelle aree ‘fortunate’. Non si comprende inoltre in base a quali criteri saranno prescelti coloro i quali potranno essere avviati alle cooperative sociali piuttosto che all’imprenditorialità. In che modo le “Cittadelle” da realizzare nei terreni confiscati alle mafie per le famiglie dei detenuti possano essere utilizzate dagli extracomunitari. Si impongono inoltre una serie di riflessioni sui risvolti sociali nei diversi territori”.

“Il Ministro Angelino Alfano conosce sicuramente bene la realtà della Sicilia ma forse – sottolinea la presidente di SdR – sarebbe stato opportuno prima di lanciare un così importante progetto con un finanziamento di 4 milioni e 800 mila euro, promuovere iniziative piccole ma significative per migliorare le condizioni di vita di tutti i detenuti. L’inadeguatezza del numero di psicologi, educatori, assistenti sociali negli Istituti di Pena; la scarsa presenza di operatori sanitari e l’insufficiente connessione tra i servizi del territorio e le famiglie dei detenuti; l’esiguo numero di Magistrati nei Tribunali di Sorveglianza e degli assistenti negli Uffici e la realtà degli Agenti di Polizia Penitenziaria sempre meno numerosi e sempre più demotivati (in attesa del famoso concorso per le 2mila nuove assunzioni) dovrebbero far riflettere sull’efficacia rieducativa del sistema”.

“In realtà – conclude Caligaris – è improcrastinabile un provvedimento legislativo che alleggerisca il peso dei detenuti assiepati dentro le strutture, specialmente quando si parla di ammalati in gravi condizioni di salute fisica e psichica. E’ poi indispensabile promuovere norme che offrano davvero sicurezza ai cittadini. La legge Bossi-Fini per esempio deve essere modificata, altrimenti si continueranno a riempire le celle di disperati”.

Cagliari, 7 luglio 2010

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